Paolina Borghese come Venere vincitrice
1804-1808, gesso, 90x200x65
Paolina Borghese come Venere vincitrice
Scolpita da un unico blocco di purissimo marmo di Carrara, la statua di Paolina Bonaparte come Venere vincitrice emerge al centro della sala 1 della Galleria Borghese di Roma.
Antonio Canova aveva cominciato ad occuparsi dell’opera già nel 1804, su commissione del principe Camillo Borghese.
Inizialmente il marito la collocò a Palazzo Chablais a Torino e scelse per lei una destinazione solamente privata.
Era l’anno dell’incoronazione del fratello di lei, Napoleone Bonaparte, ad imperatore. Proprio la scultura della sorella sarebbe diventata uno dei principali simboli dell’ascesa politica dei Napoleonidi in Europa.
Alcuni disegni preparatori testimoniano che l’artista aveva studiato a lungo il soggetto e le sue possibili composizioni. Quattro di questi sono conservati al Museo Biblioteca Archivio di Bassano del Grappa.
La donna, su sua personale richiesta, venne rappresentata nella posa e nell’atteggiamento solitamente dedicati a Venere, la dea greca della Bellezza.
Come racconta il celebre mito, attraverso una sorta di concorso, Paride scelse la più bella tra le dee premiandola con un pomo d’oro, lo stesso che Paolina tiene nella mano sinistra.
Il corpo e la sua stessa posa, inoltre, riflettono alcuni modelli compositivi antichi, specialmente del periodo augusteo. La donna, infatti, è languidamente distesa su un’agrippina, ovvero una poltrona allungata e fornita di un unico bracciolo, sul quale appoggia il braccio destro.
Il busto è eretto e completamente nudo, mentre la parte inferiore è semicoperta da una veste leggera, che rende la donna pudica e sensuale al tempo stesso e carica la statua di un forte erotismo.
Curiosa, infatti, l’atmosfera di scandalo che suscitò all’epoca l’ipotetica posa nuda nello studio dell’artista.
Il volto è idealizzato, perfetto nella sua concretizzazione, e sembra rivolgere lo sguardo direttamente allo spettatore che la sta ammirando.
Le fattezze divine la innalzano al di fuori di ogni realtà terrena: è restituita alla dimensione umana solo grazie alla presenza del braccialetto sul polso destro, del nastro sui capelli e a una speciale patina rosa che Canova applicò sulle parti epidermiche per imitare il colore dell’incarnato e conferirle una lieve parvenza di vita.
Ai cuscini e al divano, riccamente dettagliati, è conferita nel loro insieme una realistica ed invitante morbidezza, mentre l’intera struttura gode di un meccanismo che le permetteva di ruotare.
Il modello in gesso, a causa dei bombardamenti della guerra che colpirono gran parte della collezione, fu decapitato, privato della mano destra che era appoggiata sulla guancia, delle dita della mano sinistra e di parte del piede sinistro. Nell’autunno del 2003, grazie all’applicazione di nuove tecnologie, con una scansione informatizzata dal marmo di Roma è stata possibile la ricostruzione delle parti mancanti, procedendo poi alla loro reintegrazione.
1804-1808, gesso, 90x200x65